Torna, al Teatro Miela di Trieste, dal 18 al 22 settembre, I mille occhi, festival fondato da Sergio M. Grmek Germani e diretto per il quarto anno da Olaf Möller e Giulio Sangiorgio, con la direzione organizzativa di Simone Starace. Un festival incentrato sulla cura (e quindi sulla curatela) oltre che sulla ricerca negli archivi della storia di quella materia vivissima che è il cinema.
Un festival incentrato sulla cura (e quindi sulla curatela) oltre che sulla ricerca negli archivi della storia di quella materia vivissima che è il cinema. Per questo, da quest’anno, esordisce un Concorso Internazionale I mille occhi (con premio del pubblico) dedicato alle opere che si prendono cura di raccontare, ricostruire, aprire nuove prospettive sulla storia e le storie del cinema, con otto film che in modi decisamente differenti si occupano di riportare alla memoria vicende (anche incredibili) di registi e interpreti, da Henry Fonda a Dorothy Arzner, dall’avanguardia triveneta di Sirio Luginbühl agli emuli di Bruce Lee. Con – in anteprima mondiale – l’installazione del film fiume, di 798 minuti, “Non c’è Nessuna Dark Side (atto uno, parte due) _ L’Orizzonte degli Eventi” di Erik Negro.
Il tradizionale Premio Anno Uno è quest’anno assegnato a Yervant Gianikian e alla scomparsa Angela Ricci Lucchi, due cineasti fuori dall’ordinario, celebrati in tutto il mondo, artisti che partendo da percorsi legati all’avanguardia si sono inventati un modo unico, la camera analitica, per reinquadrare in senso critico e umanista la storia del Novecento e gli archivi delle sue immagini. Il premio verrà consegnato a Yervant Gianikian il 22 settembre, in chiusura di festival, con la proiezione di “Frente a Guernica”, e i due cineasti verranno omaggiati anche da una notte di Fuori Orario, su Rai 3, con la trasmissione dei due capitoli di “I diari di Angela”.
Gli abituali percorsi eccentrici del festival, tesi a scrivere delle possibili storie del cinema legando insieme titoli apparentemente lontani, sono due: il primo è “Anni di Kafka”, dedicato al rapporto tra il cinema italiano degli anni di Piombo e gli influssi kafkiani, partendo dall’anteprima di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri (a cui si ispira la locandina del festival firmata da Maurizio Lacavalla) e passando per opere di Marco Ferreri, Corrado Farina, Nanni Loy e Sergio Martino; il secondo (curato da Dario Stefanoni) e intitolato “Il pianeta della stanchezza” evolve dalla riscoperta del cinema animato di un grande scultore, Toni Fabris, accompagnando il recupero della sua opera – su tutti il pionieristico e ancora profondamente attuale “Gli uomini sono stanchi”, recentemente restaurato – con film che la contestualizzano e ne risaltano le prospettive (tra questi un omaggio al collezionista e studioso triestino Diego de Henriquez).
Due gli omaggi a figure di critici che – in conformità alla sensibilità del festival – sono anche cineasti, sin dalla scrittura ma anche direttamente su pellicola: prosegue la retrospettiva dedicata al francese Louis Skorecki, premio Anno Uno 2023, con la prima italiana del sadiano “Eugénie de Franval”, e si celebra la figura di Adriano Aprà, con la proiezione di due opere del grande studioso italiano. Chiudono il programma due a parte (curati da Mila Lazic), ovvero la prima italiana di “El Shatt” di Ivan Ramljak, film che ricostruisce un fatto poco conosciuto e studiato della Seconda Guerra Mondiale, e la proiezione dell’incredibile “Il volo” di Silvano Agosti in occasione del centenario di Franco Basaglia.