Associazione Anno Uno
presenta

I Mille Occhi
Troppo presto, troppo tardi
XX edizione
Trieste, 22-26 marzo 2022
programma

Dopo le problematiche legate alla pandemia di Covid-19, torna a Trieste I MILLE OCCHI, dal 22 al 26 marzo 2022. Un’edizione, questa XX, primaverile e straordinaria, troppo presto troppo tardi, che recupera il vuoto dell’anno passato e anticipa un ritorno alla normalità, quello della XXI edizione, che si terrà a settembre di quest’anno. Due le sedi dell’evento: il 22 e il 23 marzo il Cinema Ariston, il 24, 25 e 26 il Teatro Miela.

Dirigono, o meglio: mettono in scena, quest’edizione, presieduta e animata come sempre dal fondatore Sergio M. Grmek Germani, il critico cinematografico e programmatore tedesco Olaf Möller e il critico e direttore del settimanale Film Tv Giulio Sangiorgio. Una direzione che si pone in continuità con lo spirito di ricerca e svelamento dei segreti d’archivio del cinema passato, aprendosi a una dimensione maggiormente internazionale e al lavoro di sperimentazione di cineasti del presente e del futuro. Alle due figure di direttori artistici si aggiunge, in qualità di direttore organizzativo, Simone Starace.

Nei cinque giorni, un programma denso e ricco, colmo di intrecci, con tanti punti di fuga prospettica.

Il premio Anno Uno è assegnato, quest’anno, a Danièle Huillet (postumo) e Jean-Marie Straub, due dei maggiori cineasti della storia del cinema. Queste le parole di Olaf Möller, curatore dei quattro programmi a loro dedicati (a cui si aggiunge una postilla-omaggio su Fuori Orario, la notte del 26 marzo, su Rai3): «Sono un assioma del Modernismo: tutta l’arte del dopoguerra è impensabile senza il cinema di questa coppia di registi che tra il 1961 e il 2008 ha cofirmato esattamente trenta opere: con il loro classicismo radicale, diventato il punto più avanzato di tutte le avanguardie, Huillet & Straub sono sempre stati cari a I mille occhi, simbolo di tutto ciò in cui crede il festival»: un cinema di totale bellezza e libera radicalità politica».

L’extra-ordinarietà di quest’edizione primaverile, troppo presto, troppo tardi per citare un film di Straub-Huillet, è confermata anche dall’attribuzione di un premio Anno Uno speciale, quello a Elisabetta Sgarbi, per l’infaticabile lavoro culturale nell’ambito dell’editoria, anche cinematografica. Della sua La nave di Teseo verranno presentati tre volumi: L’acquario di quello che manca di enrico ghezzi, alla presenza di Aura Ghezzi in dialogo con Alberto Pezzotta, e accompagnato da materiali d’archivio, Walt Disney – Prima stella a sinistra di Mariuccia Ciotta, alla presenza dell’autrice e con un programma disneyano a sorpresa, e L’Italia di Dante – Viaggio nel Paese della «Commedia», alla presenza del professor Giulio Ferroni, in apertura della proiezione di Totò all’inferno.

Nel programma anche un omaggio a Ornella Vanoni – a cui è dedicata la tripla sigla del festival (la sua Domani è un altro giorno risuona nelle immagini di La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, in una scena-remake di un film triestino di Elisabetta Sgarbi, I nomi del signor Sulčič, e nel remix tra le due scene a opera di Filippo Ticozzi) – con tre appuntamenti: il documentario Senza fine (presentato dalla regista Elisa Fuksas); un film, Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci, in cui un suo brano è centrale, e una delle sue principali prove d’attrice, I viaggiatori della sera di Ugo Tognazzi. Un film, quest’ultimo, che si associa a Venga a prendere il caffè da noi di Alberto Lattuada, restaurato da CSC – Cineteca Nazionale, in collaborazione con Minerva Pictures Group, nell’omaggio del festival al centenario della nascita dell’attore cremonese.

Ad Alberto Lattuada è dedicato il consueto spin-off della meravigliosa retrospettiva del Locarno Film Festival curata da Roberto Turigliatto, comprendente il primo, fondamentale, lungometraggio Giacomo l’idealista e l’ultimo, Una spina nel cuore, oltre al cortometraggio Il cuore rivelatore (di cui Lattuada fu scenografo) tratto da Edgar Allan Poe e l’Esercitazione di regia tratta da Il castello di Franz Kafka, girato con gli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia. Come postilla, nella notte di Fuori Orario, programmata da Rai3 il 26 marzo, la messa in onda del secondo film di Lattuada, La freccia nel fianco.

In occasione dei settecento anni dalla morte di Dante, un percorso dantesco, con opere di Riccardo Freda, Vittorio Cottafavi, Camillo Mastrocinque (a cui si aggiunge la trasmissione all’interno di Fuori Orario, il 26 marzo, di Paolo e Francesca di Raffaello Matarazzo) e un omaggio (messo in onda da Fuori Orario nella notte del 25 marzo) al lavoro cinematografico sul sommo poeta di Marco Martinelli e Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, tra le maggiori realtà di ricerca teatrale italiana, che sarà accompagnato da una lettura dantesca di Ermanna Montanari, ospite col regista Marco Martinelli del festival. L’omaggio a questi due grandi sperimentatori del teatro italiano è organizzato in collaborazione con Fuori Orario e Filmmaker Festival di Milano. È all’interno di questo contesto dantesco che I Mille Occhi è felice di presentare, in anteprima mondiale dopo il passaggio a Locarno in digitale, la proiezione in 35mm del primo lungometraggio girato a Trieste, La statua vivente di Camillo Mastrocinque, restaurato dalla Cineteca del Friuli, anticipato da un commento di Dante Spinotti e da un breve backstage d’epoca.

Trieste è anche la protagonista dell’omaggio dedicato a Tino Ranieri, decano della critica cinematografica triestina, di cui verranno proiettati nel centenario della nascita le rare e importanti opere a cui ha collaborato, in quello che è un vero e proprio evento di riscoperta.

È in quest’ottica di rinvenimento che il festival è lietissimo di presentare, fiore all’occhiello di quest’edizione, per gentile concessione di Ripley’s Film e di Riccardo Rosati, oltre tre ore di film casalinghi inediti di Giulio Questi, tra i grandi eccentrici del cinema italiano: scrittore e partigiano, regista di tre film di genere non omologati, Questi si è dedicato in vecchiaia a piccoli film digitali, girati per lo più in solitaria, autarchici ma non per questo minimalisti, e in grado di frequentare, nel contesto di un appartamento (ambiente che non può che riecheggiare oggi i modi produttivi del cinema pandemico), generi come il thriller, con vena surreale: una parte di questi materiali è confluita nel cofanetto By Giulio Questi (2008). Il festival presenta invece la produzione successiva, per la quasi totalità in anteprima mondiale. Il programma Questi fantasmi sarà poi chiosato dalla messa in onda, il 26 marzo, nella notte di Fuori Orario su Rai3, del film televisivo di Questi L’uomo della sabbia.

Completamente dimenticato è Anton Germano Rossi, eminenza grigia e maestro occulto di molte delle riviste umoristiche degli anni 30, riferimento ineludibile di futuri sceneggiatori e cineasti (da Vittorio Metz ad Aldo Fabrizi, dall’ammiratore Zavattini al giovane Fellini), poi apprezzato e riscoperto da fini intellettuali come Guido Ceronetti e Oreste del Buono. Di A.G. Rossi si vedrà l’unica copia superstite, lacunosa e folgorante, del solo lungometraggio da lui scritto e diretto, Il ladro, censurato per indegnità artistica dal regime fascista, oltre al remake realizzato dal triestino Giacomo Gentilomo con Peppino de Filippo, Biancaneve e i sette ladri, e rari cortometraggi che incontrano la vita o l’opera dello scrittore: la serie di minimetraggi-quiz prodotti dalla Incom Vista la svista?, con due episodi da A.G. Rossi e ispirata da un’idea di cinegiornale umoristico originariamente di Zavattini, e il cortometraggio di Pietro Germi Scrittori e poeti anglosassoni a Roma, con la voce a commento di A. G. Rossi. Ogni programma dedicato all’autore sarà aperto e chiuso da video-letture di contronovelle, genere inventato da Rossi, recitate appositamente per I Mille Occhi dal geniale Antonio Rezza.

In questo intreccio tra cinema, letteratura e molto altro si inserisce il nostro omaggio, in collaborazione con l’università IULM di Milano, a Mino Guerrini, singolare, misconosciuta e oggi completamente dimenticata figura di intellettuale eclettico e artista a 360° del secondo dopoguerra, un vero arcitaliano spesso sopra le righe e dissipatore di sé, tra guizzi geniali e cialtroneria triviale. In un fregolismo inesausto e continuo, Guerrini è stato pittore d’avanguardia (nel gruppo Forma 1, del quale era stato tra i fondatori), giornalista per rotocalchi di enorme successo e prestigio (da “Il Mondo” a “Epoca”), autore radiofonico e televisivo, e, infine, anche uomo di cinema, sceneggiatore, attore, regista di una ventina abbondante di titoli, lungo tre decenni, tra i primi anni ’60 e gli ultimi ’80, dalle commedie di costume a episodi degli esordi ai generi di profondità (horror, spy story, polizieschi, gangster), fino ai film di Franco&Ciccio, alla serie del Colonnello Buttiglione, alle imitazioni pasoliniane (e infine vanziniane). In attesa di riscoprirlo come merita, anche da regista, senza dimenticarne le tante (troppe?) altre vite artistiche, a Trieste si vedrà la sua partecipazione d’attore a La rimpatriata (1963), sguardo insieme corrosivo e malinconico di Damiano Damiani in diretta sulle piccole grandi miserie del boom in quel di Milano, dove interpreta un vitellone figlio di papà immaturo e donnaiolo, è un primo approccio per cominciare a familiarizzare con la fisionomia inconfondibile di Guerrini. Il film sarà anticipato da una conversazione con Rocco Moccagatta e Chiara Grizzaffi, autori del volume Mino Guerrini. Storia e opere di un arcitaliano (Mimesis, 2022), in origine nato dagli atti di un convegno IULM, poi ampliato a includere tanti materiali ulteriori (interviste, testimonianze, una selezione degli articoli di Guerrini, soggetti inediti, bibliografia e filmografia)

Non solo: I Mille Occhi, cercando un dialogo tra il patrimonio cinematografico e il cinema del futuro, ospita due omaggi a importanti figure del cinema sperimentale contemporaneo. Il francese Jacques Perconte, nome pionieristico dell’internet art dal 1995, autore di una moltitudine di opere, è uno dei rari figli contemporanei del cinema di Jean Epstein: da oltre vent’anni lavora a una vasta opera di deprogrammazione delle tecnologie di registrazione digitale. Manipolando i codici di compressione videografici, produce un’estetica dell’errore, con alterazioni volutamente ricercate per raggiungere forme plastiche e materiche che non si limitano a denunciare il funzionamento della macchina, ma creano un’estetica contemplativa, del sublime. Perconte è stato invitato dal festival a programmare, in dialogo col curatore Tommaso Isabella, sue opere insieme a film che l’hanno ispirato, o con cui si sente in dialogo: tre programmi che legano, come da idea fondativa del festival, il passato al presente, con i lavori digitali dell’autore presentati con film firmati da autori che vanno da Jean Epstein a FJ Ossang, passando per Georges Franju. Una sezione nata grazie a una collaborazione con Fantasmagorie, rassegna dedicata al cinema d’animazione e sperimentale curata a Lecco da Associazione Dinamo Culturale. L’amburghese Kathrina Daschner, di stanza viennese, è una performance artist, fotografa e regista queer: i suoi film, rinunciando al linguaggio parlato, come in un dialogo punk col muto, si radicano in un immaginario surrealista in cui Barocco e Camp, Arthur Schnitzler e il burlesque si fondono in modi ingegnosi, facendosi arte di immagini e suoni nella sua forma più pura e sensuale, tattile, seducente, allettante, sfidando le nozioni preconcette di genere e potere.

 

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